Il Capodanno nel mondo tra religione e antiche tradizioni

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In una società globalizzata come la nostra non è raro accorgersi delle evidenti differenze di approccio alle feste tradizionali, che caratterizzano le grandi religioni e i popoli a loro connesse. Il Capodanno ne è un esempio significativo, ecco perché ho pensato di accompagnarti in un viaggio insolito, che unisce la storia e la cultura mondiale. Per i popoli di fede buddhista si assiste ad una interpretazione diversa a seconda della localizzazione geografica. Il Capodanno cinese cade il primo giorno della seconda luna nuova, dopo il solstizio invernale e, quindi, segna anche l’inizio della primavera. I festeggiamenti cominciano con il rito di Zaojun, quando il dio del focolare risale in cielo per riferire il suo rapporto annuale all’imperatore di Giada. Durante il Capodanno giapponese (Shogatsu), che si festeggia dall’1 al 3 gennaio, si puliscono le case e proprio il 1 gennaio, le 10-20 portate (Osechi ryori) preparate in anticipo, in giorni non festivi, si servono in particolari scatole laccate. In Cambogia si festeggia il Capodanno in modo simile agli altri Paesi del Sud-Est asiatico, con un’attenzione particolare alle preghiere rivolte all’interno dei templi khmer, come quello famoso di Angkor Wat, patrimonio universale dell’Unesco. In Thailandia la gente offre del cibo ai monaci del luogo, solitamente dolcetti (Khao tam) con latte di cocco, riso e zucchero di palma, che rappresentano i 3 gioielli del Buddhismo: la legge buddhista, la comunità dei monaci e Buddha stesso. Il Capodanno ebraico (Rosh ha-Shanah) cade di solito in settembre o ottobre e si festeggia per due giorni (il primo e il secondo del mese di Tishri). Segna l’inizio dei dieci giorni prima di Yom Kippur, caratterizzati da momenti di preghiera e di pentimento, per fare in modo di poter iscrivere il proprio nome nel Libro dei Giusti, di coloro che quell’anno sopravviveranno e non saranno puniti per i loro peccati.

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Il Capodanno iraniano (Nowruz) si unisce in parte a quello delle popolazioni curde e ricorda una festa antica, introdotta dal famoso imperatore persiano Jamshid, con l’intento di definire l’inizio della primavera. Viene, infatti, celebrata la natura e il suo rinnovarsi, una nuova vitalità, un cambiamento dal punto di vista pratico e concreto. La cerimonia è piuttosto particolare. Alla vigilia la famiglia si ritrova davanti alla tovaglia che viene distesa per terra per l’occasione. Essa presenta diversi ornamenti, che stanno a simbolizzare un augurio particolare. Tra tutti gli elementi presenti, sette di questi devono iniziare con la lettera “sin”, l’equivalente della nostra “s” e di solito sono: samanu (dolcetto di farina e zucchero), sekeh (una moneta), sabzi (erbe e verdure fresche), sonbol (giacinto), seer (aglio), senjed (una bacca secca) e serkeh (aceto). A questi si unisce la presenza di un acquario con un pesce rosso, perché si crede che guardare un pesce rosso quando l’anno nuovo sta per iniziare, porti fortuna! Nel mondo occidentale il Cristianesimo prevede che il Capodanno si festeggi, infine, il 1 gennaio, indicato come il primo giorno del Nuovo Anno. Il calendario attualmente usato è quello Gregoriano, stabilito nel 1582, durante il pontificato di Gregorio XIII, di tipo solare, con 365 giorni divisi in 12 mesi. Gli Ortodossi, invece, si rifanno ancora al calendario Giuliano, introdotto da Giulio Cesare e precedente a quello gregoriano.
Augurarsi e augurare che l’anno nuovo risulti migliore del precedente è consuetudine antica. E significativa. Ci dice come in tutta la storia dell’umanità non ci sia mai stato un anno così ben riuscito da chiedergli il bis”. (P. Caruso)