Torino e l’arte: Mirò! Sogno e Colore

In una degli edifici più prestigiosi della città di Torino, Palazzo Chiablese, affacciato sulla Piazzetta Reale, nel pieno centro storico, si trova l’allestimento di una delle mostre più attese e suggestive che accompagnano l’autunno del capoluogo piemontese. Ospitare Mirò e la sua pittura eccentrica è un orgoglio inimmaginabile. L’artista catalano non manca mai di stupire e affascinare con i suoi colori e le sue tecniche “sperimentali”, frutto di passione, ma anche e soprattutto di genialità e di attento studio. “Le cose più semplici mi danno idee” e così attraverso i suoi lavori, molto spesso sprovvisti di un titolo identificavo, egli ci racconta la sua terra e le sue più profonde emozioni. Influenzato da diverse correnti artistiche come il fauvismo, divenne successivamente uno degli esponenti più famosi del surrealismo,  di cui ama l’intrecciarsi tra realtà e sogno, tra colori e sensazioni: “Ho difficoltà a parlare della mia pittura, poichè nasce sempre in uno stato allucinatorio, suscitato da un contraccolpo qualsiasi, oggettivo o soggettivo che sia, e di cui non sono in nessun modo artefice. Quanto ai miei mezzi d’espressione, sempre più mi sforzo di giungere al massimo grado di chiarezza, di potenza e di aggressività plastica, ossia di risvegliare dapprima una sensazione fisica, per poi arrivare all’anima.” Dalla sua continua e inarrestabile ricerca artistica ne deriva una semplificazione di forme e un uso più deciso e intenso del colore, che impregna segni tracciati sulla tela, secondo un criterio scelto con attenzione e fortemente voluto: “Se anche una sola forma è fuori posto, la circolazione si interrompe; l’equilibrio è spezzato”.

Le tecniche da lui utilizzate spaziano, infatti, dalla pittura per cui e universalmente riconosciuto, alla scultura, dalle ceramiche alle acqueforti. “Che la mia opera zampilli in modo naturale, come il canto di un uccello o la musica di Mozart, senza sforzo apparente, sebbene dopo averla meditata a lungo ed elaborata interiormente”.Così, gli ultimi 30 anni della sua lunghissima carriera sono sapientemente presentati in questa mostra, che fluisce in un percorso gradevole e attento. Le 130 opere esposte, quasi tutte olio su tela rappresentate in grande formato, provengono dalla famosa Fundaciò Pilar I Joan Mirò, con sede a Maiorca, l’associazione che meglio rappresenta, conserva e diffonde l’opera immortale di questo artista così poliedrico e irresistibile. E’ questo un periodo particolarmente intenso per il maestro, che si dedica a temi affettivamente cari, legati alla sua isola, Maiorca, dipingendo soprattutto paesaggi e uccelli, luna e donne, attraverso una pittura definita “materica” , una tecnica molto particolare in cui l’artista “unisce una tecnica di pittura, acrilica olio, mista…alla fisicità della materia” e che qui si ritrovano nei quadri fatti con le dita e nel colore impastato e spalmato spesso con le mani. Delizioso lo studio realizzato all’interno del percorso espositivo, quell’angolo di pace e di silenzio, tanto caro a Mirò, in cui lavorare con passione e che qui è stato ricostruito con cura e attenzione. Tra le opere principali spiccano: “Femme au clair de lune” (1966) e “Oiseaux” (1973). Mirò immaginava la sua opera come un’attività di delicata introspezione, una sorta di monologo interiore che poteva trovare la sua espressione in un impercettibile dialogo futuro con il suo pubblico. “Più che il quadro in se stesso, quello che conta è ciò che sprigiona, ciò che diffonde. Poco importa che il quadro sia distrutto. L’arte può morire, quel che conta è che abbia sparso dei semi sulla terra”. E a Torino il suo ricordo germoglia in un evento che resterà indimenticabile.