Noi Viaggiatori

Mare

Ho sempre visto nel viaggio una forma di ricerca esistenziale, di curiosità a 360°, la realizzazione di un progetto, accompagnato sempre da una strana, indescrivibile euforia prima ancora di partire. Mi chiedo sempre chi sono: se un “turista” o un “viaggiatore” e ho incominciato, quindi, a documentarmi per darmi, forse, una risposta. Una famosa rivista di psicologia ha dedicato tempo fa, uno spazio al concetto esistenziale di “turismo” attraverso una riflessione molto interessante di Jean Didier Urbain, dottore in antropologia sociale e culturale. L’assunto di base è che il più delle volte si parla di viaggio, intendendo come binomio, pressoché inscindibile, il fenomeno turistico e il soggetto protagonista (il turista). “Invece di osservare il viaggiatore come persona, con i suoi desideri, i suoi valori e i suoi sogni, si privilegia il fenomeno di massa” : così ci si preoccupa maggiormente e spesso in modo maniacale, di tracciare statistiche sull’aspetto commerciale del viaggio e ci si perde tra scelta dei periodi, durata, frequenze, destinazioni, tipologia di soggiorno, mezzi di trasporto utilizzati, vacanze per single, coppie, gruppi o famiglie.

Questo modo tanto diffuso di ragionare e di considerare il turismo (e il turista) è decisamente riduttivo e dal punto di vista psico-sociale poco accettabile.

Sicuramente “non c’è turismo senza turista” anche se spesso si attribuiscono a quest’ultimo alcune situazioni tutt’altro che positive che lo rendono per definizione “l’idiota del viaggio”.

Quali sono queste situazioni?

  • Al turista si attribuiscono i “vizi del turismo”, “i misfatti ambientali (interventi sul territorio e inquinamento), le derive culturali (riduzione dei luoghi in termini di pittoresco e di folclore), gli effetti destrutturanti (urbanizzazione e migrazione) spesso aggravati dallo sviluppo di traffici legati al lucro, lusso e lussuria (sesso, droga, casino..)”
  • In secondo luogo si sottostima la complessa identità del turista, definendolo molto spesso “un essere rozzo, incolto, grossolano, superficiale…”, tanto che spesso noi usiamo il termine “da semplice turista” ritenendolo così un “viaggiatore svalutato” al punto che anche i suoi viaggi alla fine lo diventano…

Dato che oggi non siamo più né nomadi né migranti, né saltimbanchi o in altro modo itineranti che viaggiano per necessità o tradizione, perché ci ostiniamo, nonostante tutto, a viaggiare ancora?” Il perché il turista sia così deliziosamente ostinato nel voler continuare a viaggiare raccoglie in sé un significato antropologico dal valore interessante: “la voglia di viaggiare, la voglia di mondo, contiene le nostre preferenze e le nostre inclinazioni. Parla di noi o ci rivela”.

Due sono le analisi che a questo punto andrebbero condotte con attenzione:

  • il senso del viaggio e la sua variegata tipologia
  • i sogni e le ragioni del viaggiatore

Oggi siamo passati dal piacere del viaggio inteso come scoperta, alla paura. “se una volta si partiva all’avventura, con un certo gusto per l’imprevisto, oggi si parte ricoperti di informazioni, di previsioni, di prenotazioni e assicurazioni di ogni tipo”.

L’imprevisto è diventato un problema, una paura, il timore più concreto che un viaggio possa manifestare. Il viaggiatore “avventuriero contemporaneo” è sempre on line, “collegato al web, prima, durante, dopo…e quindi non viaggia mai davvero lontano perché non è mai staccato, sconnesso”.

Il turista è un viaggiatore recidivo: “non solo continua a viaggiare, ma in più ricomincia senza fermarsi mai, ripetendo, reiterando l’esperienza del viaggio..” I motivi di questo comportamento sono stati espressi nell’opera di Nicolas Bouvier Il faudra repartir in cui si analizza la “pulsione” verso il viaggio, distinguendo 4 possibili “categorie di cause”:

  • l’iniziazione: “il viaggio è considerato dal viaggiatore come un apprendimento perpetuo”. Viaggiare diventa il modo per apprendere, conoscere e imparare, aggiornarsi e stupirsi di continuo.
  • la collezione: si chiama “quantifrenia”, una frenesia da quantità”. Il viaggio diventa un’esperienza maniaco-ostentatoria che trasforma l’esperienza del viaggio-lezione, in viaggio-trofeo e trasforma il soggetto da viaggiatore a “turista ingordo, che lascia impronte dappertutto, ha “fatto” tutti i paesi e compie dieci volte il giro del mondo” (viaggiatore seriale).
  • la dipendenza: “qui il viaggiatore vuole ritrovare il piacere perduto ma mantenuto vivo dal ricordo della prima felice esperienza di viaggio”. Si tratta dei viaggi riprodotti (“ricaduta”), che mostrano la “ripetizione di tutto, del luogo, dei giorni, dell’itinerario, delle tappe, dei soggiorni, delle attività…”
  • la consolazione: anche qui emerge il ritorno alla “ricaduta” in modo leggermente diverso. Si tratta di programmare un viaggio riparatore rispetto all’esperienza precedente, prendendosi, quindi, una rivincita su un’eventuale disavventura.

L’immaginario del viaggiatore è senza dubbio la spinta necessaria, la motivazione assoluta che determina la sua visione del mondo, di se stesso e dei suoi spostamenti. Se non ci fosse, si parlerebbe di “vano vagare” , mentre invece “è l’immaginario che fa del mondo un’attrazione e del viaggio una tentazione e un invito senza i quali il desiderio di partire non esisterebbe e, ancor meno, di conseguenza, le ragioni della sua ripetizione”. A livello psicologico il viaggiatore è attratto da:

  1. il richiamo del deserto: per gli spazi immensi, silenziosi, disabitati, caldi o freddi che siano (Sahara o Himalaya, giusto per intenderci) per cui oggi si confezionano offerte specifiche ad opera di agenzie di viaggio specializzate in avventure ed esplorazioni
  2. la tentazione sociale: “voglia di aggregazione e compagnia, di contatto e calore umano” che si realizza nel turismo urbano, nei grandi appuntamenti sportivi, nelle feste tradizionali e collettive, nella villeggiatura balneare.
  3. l’immaginario cenobitico: “il turista può desiderare, durante le vacanze, un gruppo omogeneo e chiuso” caratterizzato dalla scelta di vacanze in hotel in crociera, in club vacanze…fino alla casa di famiglia usata come luogo di vacanza.
  4. il sogno umanitario e altruista: si privilegia in questo caso un tipo di turismo responsabile e solidale verso terre esotiche ed avventurose, sogno realizzato da diverse agenzie del settore.

Il soggetto con i suoi sogni, le sue ragioni, i suoi desideri principali…non è soltanto un consumatore di viaggi” ma “è anche un inventore, un interprete, un ermeneuta”. Sosteneva lo scrittore Andrè Suares, nella sua opera “Le voyage du Condottière” che “il viaggiatore è ancora ciò che più conta in un viaggio” e “i paesi non sono altro ciò che lui è. Cambiano con le persone che li percorrono”.