Ricordi di Libia: il sito archeologico di Sabratha

sabratha

La Libia è stata una delle più belle scoperte di viaggio che mai potessi fare. Ci sono stata una prima volta diversi anni fa e prima dei recenti conflitti, sono tornata anche una seconda, facendo nuovamente sosta a Tripoli e poi nei dintorni. Di gente appassionata come me di popoli e culture diverse, di colori, storia e antichità ne ho incontrata tantissima tra Egitto e Tunisia, in Libia, un po’ meno e scoprirla quasi in solitaria, attraverso alcune delle sue ineguagliabili meraviglie, è stato ancora più piacevole. Inutile dire che il fascino per l’atmosfera che si respira un po’ in tutta l’Africa del Nord, non ha nulla a che vedere con i soggiorni nei diversi villaggi, moderni e frequentatissimi, diffusi su tutto il pianeta. Ciò che ho amato e ricordo con emozione della Libia al primo impatto, è stata una palpabile aria di diffidenza mista a curiosità, sguardi intensi, fascino discreto della gente, colori caldi dei paesaggi e clima arido che ti brucia la pelle.
Quando mi trovo a rievocare quel viaggio, inevitabilmente la mente torna a Sabratha, testimonianza storica di un passato che credo oggi, riviva, forse, solo nelle foto che scorro tra le dita. Ho ammirato e profondamente assaporato diversi siti archeologici, mossa da un vivo interesse per tutto quello che riguarda il sapore dell’antico, ma questo ha (aveva) qualcosa di speciale, che ricordo con una nostalgia incredibile. La fortuna è stata quella di visitarlo praticamente in solitudine: non c’era, infatti, la folla che solitamente prende d’assalto questi luoghi così carismatici e suggestivi. Sabratha era anticamente una città di origine romana, deliziosamente affacciata sul mare, era considerata uno dei punti di riferimento più utili per i naviganti sia punici sia fenici, a metà strada tra l’attuale Tripoli e Zuwarah. Sotto la dominazione romana (!40 a.C) divenne un importante centro strategico tanto che fu ampliata e arricchita di palazzi ed edifici religiosi. Nel 253 d.C divenne sede vescovile e in seguito visse diverse invasioni varie da parte di berberi e vandali. Più avanti venne occupata dagli arabi di Omar ibn al-Ass e infine fu sommersa dalle frequenti e violentissime tempeste di sabbia del deserto.

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L’ingresso al sito archeologico era a pagamento, aperto tutti i giorni dalle 9 alle 18. Tra i diversi resti, tutti ottimamente conservati e visibili, di questa antica città, ricordo il Mausoleo di Bes (antica divinità di origine egiziana, che proteggeva i naviganti), la Basilica di Giustiniano e il Santuario di Iside, anche se resta il Teatro il monumento più rappresentativo di questo sito archeologico, che mi ha particolarmente colpito. Il colore e la sua struttura imponente è ciò che, infatti, mi è rimasto più impresso: costruito tra il 175 e il 200 dC in roccia arenaria e marmi colorati era il teatro più grande di tutta l’Africa del Nord. Provare ad entrare da una delle aperture laterali o sedersi nella parte alta, sugli ultimi gradini, praticamente al centro e di fronte a quello che una volta era il palco, regala uno spettacolo davvero indimenticabile, proprio di fronte al mare. Così il rosso-oro-giallo ocra di questi colori crea un contrasto incredibile con il blu delle acque prospicienti, dando vita a immagini di indescrivibile bellezza.
Ritornando verso l’ingresso mi sono soffermata al Museo Romano, degna conclusione della visita al sito. Qui erano esposti numerosi reperti storici, sculture di epoca romanica e bizantina, vari mosaici tutti in ottimo stato di conservazione e tra questi il meraviglioso mosaico pavimentale, proveniente dalla basilica di Giustiniano.
Oggi io non so cosa sia rimasto effettivamente a Sabratha e in quali reali condizioni possa essere questo luogo simbolo di arte e di storia, che resta per me un ricordo preziosissimo. Lo conservo, infatti, nel cuore come una delle esperienze di viaggio più forti e significative, qualcosa di indimenticabile e intenso che spero un giorno di poter rivivere.