Viaggio&Psiche: ..perchè il nostro cervello preferisce il mare all’autostrada?
Il titolo di questo articolo apparso qualche tempo fa sulla rivista “Psicologia contemporanea” mi ha portato a documentarmi sul ruolo e le funzioni deputate al cervello e sulla relazione tra questo e il nostro grado di benessere, anche relativamente ad una vacanza. Il nostro cervello è regolato sia geneticamente, sia dall’ambiente e dall’esperienza, inoltre la capacità di sincronizzazione (attività elettrica cerebrale alla frequenza di 40 Hz) di zone cerebrali anche distanti, sembra permettere l’unificazione di modalità differenti di percezione, categorizzazioni, ecc. In seguito a una specifica ricerca guidata dal dottor Michael Hunter, dello Sheffield Cognition and Neuroimaging Laboratory (SCANLab) dell’Academic Clinical Psychiatry dell’University of Sheffield’s Department of Neuroscience, condotta con l’aiuto di ricercatori tedeschi ed inglesi e poi pubblicata sulla rivista NeuroImage , si arriva a spiegare il perché osservare un paesaggio naturale sia più piacevole ed induca ad una condizione di tranquillità interiore, mentre essere esposti a una scena caos cittadino, o un’autostrada con rumori di traffico correlato, attivi un vero e proprio stato di agitazione. Utilizzando la tecnica del neuroimaging e uno scanning, tipici della Risonanza mangnetica funzionale, si è notato che nel primo caso si genera una connessione tra aree distanti del cervello che lavorano così in sincronia; nel secondo caso l’attività delle varie aree cerebrali si disconnette e, quindi, il cervello non riesce a operare in maniera sincronizzata. Il test prevedeva, infatti, di sottoporre un gruppo di volontari a scene differenti, come appunto un paesaggio marino o una strada molto trafficata.
Ci si è posti subito la domanda se fosse il rumore della risacca o quello del traffico a fare la differenza, ma i risultati lo hanno escluso perchè all’esame, entrambi i rumori producono onde molto simili. Allora ci si è concentrati sulla pura stimolazione visiva e si è notato che i paesaggi naturali generano un aumento di connessione tra la corteccia uditiva e la corteccia prefrontale mediale “che è ritenuta importante per le funzioni di valutazione affettiva e motivazionale e per le decisioni collegate alla socialità. La connessione risultava aumentata anche con altre aree, come la corteccia temporoparietale e il talamo. Al contrario, l’esposizione alle scene dell’autostrada congestionata da macchine e camion, tendeva a interrompere queste connessioni” e aveva l’effetto di ostacolare anche le connessioni tra le diverse aree cerebrali. Il dott. Hunter è giunto quindi a questa conclusione: “le persone sperimentano la condizione di tranquillità come uno stato di calma e tendenza alla riflessione, che ha un effetto di ristoro se comparato agli effetti stressanti della condizione di continua attenzione stimolata dalla vita di tutti i giorni. È ben conosciuta l’induzione di sentimenti di tranquillità da parte dell’ambiente naturale, mentre l’ambiente urbano derivante dall’azione umana viene normalmente percepito come non tranquillo. Nella nostra ricerca volevamo capire come lavora il cervello nel momento in cui esperisce un ambiente naturale, misurando così la sua esperienza di tranquillità”. Già in precedenza diversi studi sulla sincronizzazione delle aree cerebrali, intesi come possibili fattori di benessere esistenziale, avevano dimostrato come questo si manifestasse quando il cervello è a riposo “e noi lasciamo vagare il nostro sguardo e i nostri pensieri”. Da tutto questo deriva la necessità di vivere in case e spazii aperti che attivino modalità di funzionamento positive ed appaganti per il genere umano. Un ritorno alla natura che sempre più spesso viene auspicato da urbanisti e architetti, ma che ancora in pochi stanno davvero realizzando.